Crioconservazione tessuto ovarico

Crioconservazione del tessuto ovarico. La mia esperienza.

Una delle cose fondamentali quando viene diagnosticato un tumore nelle giovani donne è preservare la propria fertilità che a seguito delle terapie chemioterapiche può essere gravemente compromessa.

La mia oncologa, dopo avermi prospettato l’inizio imminente della chemioterapia, mi propose subito la possibilità di effettuare la crioconservazione del tessuto ovarico indirizzadomi presso l’Ospedale S. Orsola Malpighi di Bologna.

In cosa consiste la crioconservazione del tessuto ovarico

La crioconservazione del tessuto ovarico viene fatta tramite un’operazione in laparoscopia che può essere effettuata in qualsiasi momento del ciclo mestruale evitando così il ritardo dell’inizio delle cure chemioterapiche, senza la necessità di alcuna stimolazione ormonale (cosa che non avrei mai potuto fare avendo un tumore sensibile agli ormoni).

Prelevano dei frammenti di corticale ovarica che vengono, appunto,
congelati e conservati nel tempo nella speranza del reimpianto per la
ripresa del ciclo ormonale dopo le cure. Ogni anno occorre, quindi,
confermare la richiesta di mantenere crioconservato il tessuto oppure
indicare l’eventuale disponibilità alla donazione per la ricerca.

The Ring

Il desiderio di diventare un giorno madre mi spinse subito ad accettare la proposta della dottoressa, anche se l’idea di dovermi sottoporre ad un altro intervento (seppur di natura diversa) mi spaventava molto. Una trasferta, un’altra anestesia, il post operatorio, le cicatrici … ma perchè non farlo, se avevo la possibilità.

I giorni erano contati prima dell’avvio della chemioterapia e, quindi, partii di corsa senza troppi indugi. Nel mio reparto dove venni ricoverata c’erano tante future mamme pronte per fare la loro bella fecondazione assistita ed invece io, di lì a pochi giorni, avrei iniziato le mie strazianti cure … Non era proprio la stessa cosa, ma ognuno ha i suoi problemi, è chiaro!

Capitai in stanza con una ragazza asiatica – l’avevo soprannominata “The Ring” perchè era identica alla bambina del film – che, a seguito della fecondazione, aveva avuto delle grosse complicazioni (era stata ben 2 mesi in coma!). Seppur la sorte le avesse giocato un brutto scherzo, le cose per lei ebbero un lieto fine, si era ripresa e aveva in grembo 2 gemelli.

Appena varcata la soglia dell’ospedale, vidi “The Ring” accogliermi con i suoi lunghi capelli sul volto ma, a differenza dell’originale, aveva un sorriso smagliante e gli occhi pieni di luce, come a dirmi “Sei anche tu qui per diventare madre, che bello!”. “Eh si che bello… infatti”.

Feci di corsa tutti gli accertamenti di pre-ospedalizzazione e quando i medici mi dissero “Abbiamo finito, se vuole può tornare a casa e rientrare domani mattina”, colsi subito la palla al balzo e mi defilai saltellando da quell’ospedale.

Passai una serata spensierata, tra un aperitivo improvvisato e stra-apprezzato con mio cugino (che a sorpresa mi aveva raggiunto a Bologna da una trasferta di lavoro) ed una cena con mio marito a base di buonissimi passatelli. Della serie “Mangia leggero prima dell’operazione”, “Certo senz’altro”… e infatti me ne fregai letteralmente… Per me quella era una serata regalata e me la dovevo godere fino alla fine!

Rientrai la mattina in ospedale, determinata a sbrigare la pratica e andarmene il prima possibile. Più cercavo di rilassarmi più “The Ring” tirava fuori dall’armadietto dei cibi di un odore nauseabondo, due giorni così, a tutte le ore. Giuro mai sentito una cosa del genere eppure ne ho sperimentati di cibi strani!

Alla fine l’intervento andò bene, me la cavai un taglietto nel basso ventre e due puntini in corrispondenza delle ovaie niente di più, tutto molto gestibile, tempo di permanenza in ospedale: 2 giorni.

Furono tutti molto gentili, compreso il medico chirurgo il quale ricordo che si preoccupò molto di non rovinare con l’operazione il mio tatuaggio posizionato sopra l’ovaio sinistro (il mio adorato gechetto). Figuriamoci che me ne importava in quel momento del mio “gechetto”!

Tornai a Roma con qualche dolore in più ma soprattutto ancora più stordita da quel vortice che mi aveva inghiottita solamente un mese prima. Avrei voluto tornare di colpo indietro nel tempo, alla vita serena di prima.

Maledetto cancro! Cosa mi hai fatto? Cosa sarà di me d’ora in poi?

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